“Anche la miseria è un’eredità.”
La dichiarazione lapidaria spunta nel corso di una lunga conversazione con i pensionati del circolo di Guarda Ferrarese, luogo in cui siamo approdati alla ricerca del Mulino del Pane, riproduzione degli antichi mulini-natanti che a migliaia costellavano le rive del Po tra XV e XX secolo.
Si tratta di una citazione, in realtà, pescata dal massiccio lascito letterario di Riccardo Bacchelli, sganciata mentre sorbivamo uno “sguazzone” (vino bianco allungato con acqua) nel corso di una conversazione insospettabilmente aulica relativa al retaggio e ai destini dell’antico patrimonio culturale dell’arte molitoria di fiume.
Mentre imperversa la “Guerra del grano” contro l’importazione indiscriminata di prodotti esteri destinati alla produzione di pane e pasta Made in Italy, la memoria corre al passato quando le farine erano più genuine ma i problemi connessi all’attività agricola e molitoria non erano certo si semplice soluzione.
Se i più grandicelli ricordano lo sceneggiato televisivo (con protagonisti Raf Vallone e Giulia Lazzarini), il “poema molinaresco” bacchelliano “Il Mulino del Po” affresca perfettamente la realtà molitoria nel periodo compreso tra 1812 e 1918 e ne riassume, pur nella sua pesante e ponderosa scrittura, i problemi fondamentali: siccità e alluvioni potevano compromettere il raccolto in qualsiasi momento (con carestie furenti sempre dietro l’angolo) e la tassa sul macinato introdotta con l’Unità d’Italia, era tra le più avversate dalla popolazione tanto che l’evasione fiscale era all’ordine del giorno, anche nell’Ottocento.
Oggi sono mutati i problemi specifici ma la battaglia di contadini e mugnai per strappare un prezzo giusto ed equo si è gattopardescamente conservata.
Al termine del nostro sguazzone abbiamo scoperto, grazie alle direttive dei pensionati della Guarda, che il Mulino natante di Ro Ferrarese sarà ricollocato al suo posto con l’arrivo della primavera e l’inizio della stagione turistica.
Si tratta di una riproduzione fedelissima del mulino degli Scacerni descritto da Bacchelli che ben si abbina al più ampio contesto turistico fluviale.
Sede del “Museo del Pane”, il Mulino di Ro (12,20 x 9,36 metri) nasce da una fedele opera di ricerca storica e archivistica. Ormeggiato alla piarda antistante il porticciolo turistico, può essere visitato in qualsiasi condizione del fiume (che, per la cronaca, si sta appena riprendendo da una delle secche invernali più importanti di sempre).
La visita è particolarmente gradevole poiché arricchita da racconti ripresi direttamente dal romanzo che – con il suo linguaggio rotondo – arricchisce di dettagli la descrizione della dura vita del mugnaio-navigatore.
Si tratta dell’ultimo superstite, assieme al mulino di Revere in provincia di Mantova, di un patrimonio artigianale completamente dimenticato.
Nel 1902 la Commissione della Navigazione Interna della Valle del Po registrava nei suoi atti 266 mulini: 25 nel pavese, 1 nel piacentino, 13 nel cremonese, 10 nel parmense, 4 nel reggiano, 92 nel mantovano, 30 nel ferrarese e 91 nel rodigino.
L’ultimo mulino natante in funzione sul Po fu il mulino “Arlotti” a Ro Ferrarese, cuore della narrazione bacchelliana. Fu definitivamente abbandonato attorno agli anni Cinquanta del secolo scorso.
I mulini natanti sono una realtà estremamente affascinante, in grado di sommare l’anarchia tipica delle genti del fiume ad una tradizione costruttiva eccezionale che consentiva di assemblare vere e proprie magioni galleggiati dotate di abitazione, magazzino e mulino con macine e pale (“ulà”nella lingua locale).
La struttura, collocata sul fiume nel periodo estivo, si inserisce nella cornice del Parco perifluviale del Po che abbraccia circa 9 ettari di area boschiva. L’area è attrezzata per la sosta camper e pic-nic con sentieri ciclo-pedonali direttamente collegati all’argine maestro.