Attraversando in volo lo spicchio di cielo che si apre sopra l’alto Piemonte, l’orizzonte sbarrato dai picchi innevati del Monte Rosa e delle vicine cime valdostane fino al picco perfetto del Monviso, un’increspatura nella pianura azzurra attrae l’attenzione del viandante dei cieli.
La Valle Padana, placida e pianeggiante, modellata dai segni dell’attività dell’uomo, si alza di colpo come mossa da un’immane onda dalla linea netta e pulita.
Il disegno che si staglia lungo la linea di terra è un digradare perfetto che congiunge i monti alla periferia di Santhià e alla pianura del riso.
Quest'onda di terra, fitta di bosco verde e non toccata da mano umana, è la Serra d'Ivrea (un enorme residuo morenico trascinato dalla forza del ghiacciaio della Valle d'Aosta durante il Pleistocene) che dalla Colma di Mombarone si dirige, con percorso rettilineo, sino alle alture che circondano il Lago di Viverone.
In questo contesto, l’uomo ha agito in punta di piedi, edificando piccoli villaggi toccati da vie battute, lungo sentieri dimenticati. Ecco che in una conca sbarrata da un piccolo poggio, si stende – sottile – l’abitato di Bollengo.
Il borgo attuale vive la sua placida esistenza conservando i lacerti di un passato di sogno. Una di queste tracce è il campanile solitario dell’antico Borgo di Perno, cancellato dalla storia degli uomini e dal paesaggio se non fosse per il campanile della sua chiesa.
È l’unica traccia della romanica chiesa di San Martino, risalente al X secolo, che scruta i viandanti che percorrono la strada sterrata d’età romana attraverso le selve della Serra.
Raso al suolo nel corso delle aspre lotte tra Vercelli e Ivrea per il controllo dell’imboccatura della Valle d’Aosta: il fantasma del borgo scomparso osserva la serra verde e azzurra.