Le bellezze dei piccoli borghi sono frutto di una percezione soggettiva.
Capita sovente che il punto di vista degli abitanti sia differente da quello dei forestieri e un medesimo luogo, seppur piccolissimo, appaia sotto luci che ne evidenziano aspetti differenti.
Vernante è uno di questi luoghi cangianti.
Tanti i toni “minori”, fondamentali nel racconto degli autoctoni (la festa patronale, le fontane perdute tra le montagne, storia e pregi del coltello vernantino) e un indiscutibile filo narrativo di caratura: vita e arte di Attilio Mussino, lo “zio” di Pinocchio.
A lui, vernantino d’adozione, si devono le illustrazioni dell’edizione del 1911– la più venduta e ristampata in assoluto – che traghettò il capolavoro di Collodi nel Novecento.
Le sue tavole riverberano dei colori del luogo, soprattutto dell'oro dell'aria e del verde delle montagne marittime e riarse che trovano nelle sorgenti silvane una freschezza quasi miracolosa.
Se Mussino ambienta il suo Pinocchio in un contesto burlesco, popolato di tizi pasciuti e rubizzi, in un mondo baloccoso e cartonato da operetta, Vernante sta lì, sullo sfondo.
Tra le scene, ogni tanto occhieggia il profilo aguzzo del campanile che rende inequivocabile l’identificazione del borghetto di pastori e boscaioli, tutti con in tasca un buon coltello vernantino, la pipa in bocca.
Il borgo fatto di case in pietra e fiori, lo celebra su ogni muro con i murales tratti dalle illustrazioni dell’artista. Il suo studio, in via Umberto I, diventò scuola gratuita per tutti coloro che desiderassero apprendere l’arte del disegno.
Il museo a lui dedicato nel 2005, nei pressi della chiesa parrocchiale conserva le opere donate alla Pro Loco dalla seconda moglie del pittore, Margherita Martini ed è bello, in fondo, che gli siano state dedicate le scuole elementari del paese.