Il nostro viaggio di oggi prende spunto da una notizia di stretta attualità: l’ex abbazia di Moscheta, nel comune di Firenzuola è entrata a far parte del Registro nazionale dei paesaggi rurali storici.
La candidatura è stata promossa dall’Unione Montana dei Comuni del Mugello e il decreto è stato firmato dal Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina.
Un riconoscimento importante che certifica la rilevanza del patrimonio storico degli insediamenti e l’elevato valore dei paesaggi rurali di Moscheta, consolidati culturalmente per l’uso del suolo. Qui infatti, resistono le forme colturali tradizionali che assumono valore monumentale, come ad esempio gli eccezionali castagneti da frutto, le faggete e i boschi di cerro pascolati.
Rispetto agli altri strumenti di tutela, il Registro Nazionale è orientato alla valorizzazione degli aspetti agro-silvo-pastorali dei paesaggi rurali italiani.
Immersa nel verde dei boschi che sovrastano Scarperia, tra il Passo del Giovo e Firenzuola, la Badia di San Pietro a Moscheta fu fondata nel 1034.
Se la data di costruzione è certa, tutta da verificare, vista la discrepanza delle fonti, è la paternità dell’opera attribuita da alcuni a San Giovanni Gualberto, da fonti locali al beato Rodolfo dei Galligai.
Della prima edificazione, in ogni caso, non resta molto eccezion fatta per il duecentesco portone d’ingresso al monastero.
Il XIII secolo fu il momento di massima fortuna del plesso che si sviluppò e si ingrandì sino alla prima distruzione, avvenuta a causa dello straripamento del fiume Veccione che scorre a poca distanza.
Una disgrazia che la leggenda vuole in qualche modo “calcolata”: fu proprio il sanguigno San Giovanni Gualberto ad invocarne la distruzione. Indignato per la ricchezza e la sontuosità della costruzione pretese l’intervento celeste per riportare l’umiltà tra queste sante pietre.
Un’invocazione che in parte raggiunse l’obiettivo anche se il monastero fu ricostruito nei secoli successivi, assolvendo la sua importante funzione religiosa e sociale. Degno di nota il cortile porticato risalente al XIV secolo.
Il declino definitivo, dopo secoli di operosità, giunse nel XVIII secolo quando fu soppresso per effetto di un decreto granducale. I beni furono requisiti e venduti all’asta, mentre la chiesa divenne una semplice sede parrocchiale campestre, soppressa nel 1986.
Oggi, all’interno dell’abbazia, ha sede il Museo del Paesaggio storico dell’Appennino e fa parte del sistema museale dell’Alto Mugello-Val di Sieve.
L’iscrizione nel Registro Rurale dei paesaggi storici non potrà che giovare all’antico complesso abbaziale: la porzione di fabbricato gestita dalla Curia versa in condizioni pietose, mentre la parte di proprietà della Regione Toscana è stata recentemente e sontuosamente restaurata grazie alle compensazioni dovute alla costruzione della linea dell’Alta Velocità.