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Eco di barbarie guerresca

• ZAVATTARELLO

C’è un borgo perduto tra le colline dell’Oltrepò Pavese in cui risuonano ancora gli echi delle barbarie guerresche.

Siamo in Val Tidone – anticamente abitata dai Liguri – dove l’Appennino digrada verso il Po.

È una vallata sospesa nel tempo, dove la storia si legge ovunque, nel paesaggio agrario modellato dall’uomo come nei castelli, nelle antiche pievi e nelle abbazie.

Tralasciando le fondamentali impressioni donateci dall’accoglienza viva – ottimi vini, salumi crudi della tradizione lombarda d’Appennino – ci soffermiamo sul toponimo che deriva dal latino volgare savattarellum, letteralmente “luogo dove si confezionano le savatte (ciabatte)”.

Una maestosa rocca domina il borgo antico aggrappato alla collina. La sua esposizione a levante esalta i toni caldi e luminosi dell'arenaria, delle calcine sottili e dei muri che si mescolano, delicatamente, con le cangianti sfumature del bosco.

Ma la visita non è giustificata solo dalla recente ristrutturazione del castello appartenuto al celebre capitano di ventura Jacopo Dal Verme. Le pietre che portano impressa l’eternità sono incastonate nella cornice suggestiva delle montagne dell’Oltrepò.

L’aria, pura e serena, si mescola con il profumo di muschio che accarezza le pareti del castello, mentre la furia degli antichi assalitori è placata dal tepore dei tetti e dei camini che occhieggiano ancora oggi tra gli spalti.

 

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