Di Adria, cuore storico del Polesine, si potrebbero scrivere pagine e pagine di circostanziata storia archeologica.
Avamposto commerciale di Veneti, Etruschi, Greci e Romani, ponte tra il Mediterraneo e il Baltico, scalo commerciale di prima importanza, donò il suo nome al mare sul quale un tempo si affacciava.
Inghiottita dalle terre sabbiose al progredire della corsa del Po, Adria fu anche un importante presidio territoriale nel corso di tutta la dominazione veneziana.
E qui arriviamo al nocciolo del racconto odierno: passeggiando lungo Corso Vittorio Emanuele, giunti in piazza Luigi Groto, sollevate gli occhi alla ricerca nel busto del Cieco di Adria.
Nato nel 1541 da una nobile famiglia ferrarese, i Groto dell'Ero, Luigi fu colpito da cecità quando aveva solo otto giorni. Una circostanza che influenzò profondamente la sua personalità. Nonostante la necessità fisica di restare nella sua terra che, pur ricca di cultura, non poteva appagare il suo desiderio di conoscenza e sperimentazione letteraria, il Cieco non si limitò mai alla vita artistica locale ma fu un elemento attivo e vitale, contribuendo in modo significativo alla cultura del suo tempo.
Ciò che affascina nel ripercorrere la storia di questo eclettico artista adriese è il ruolo assunto nella drammaturgia internazionale.
Numerosi studiosi sostengono che il Cieco di Adria, grazie al suo talento, all’originalità e alla vocazione drammatica, superò tutti i tragici della sua epoca.
È plausibile che in Inghilterra l’opera “Hadriana” abbia catturato l’attenzione del più grande drammaturgo inglese, William Shakespeare, noto per la celebre trama poi rinominata “Giulietta e Romeo”.
Shakespeare non solo ebbe l’opportunità di leggere l’opera di Groto, ma poté anche assistere alle rappresentazioni messe in scena dalle compagnie di attori italiani che bazzicavano l’isola.
